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Radioastronomia

Quando pensiamo all’astronomia, immaginiamo telescopi puntati verso il cielo notturno per osservare stelle e pianeti. 
Ma lo spazio non ci parla solo con la luce visibile: esistono segnali invisibili ai nostri occhi, onde radio che provengono da galassie lontane, pulsar e buchi neri. 


Ed è proprio qui che entra in gioco la radioastronomia !!!

Cos'è la radioastronomia

La radioastronomia è una branca dell’astronomia che si occupa dello studio degli oggetti celesti attraverso l’analisi delle onde radio emesse da essi. A differenza dell’astronomia ottica, che si basa sulla luce visibile, la radioastronomia sfrutta una parte diversa dello spettro elettromagnetico, permettendo di osservare fenomeni che altrimenti sarebbero invisibili. Le onde radio possono attraversare nuvole di gas e polveri che bloccano la luce visibile, consentendo agli astronomi di esplorare regioni remote e nascoste dell'universo, come le aree di formazione stellare, le galassie lontane e persino i resti di supernovae. 

Inizieremo il nostro percorso proprio dalle onde radio, che sono una delle tante radiazioni elettromagnetiche che esistono in natura o sono prodotte dall'uomo.

Scopri di più sulle onde elettromagnetiche


Prima che giungano  ai nostri radiotelescopi, le onde radio, o meglio i deboli segnali radio che ci arrivano dagli angoli più reconditi dell'universo, devono attraversare un ultimo ostacolo, l'atmosfera terrestre.

Scopri come onde elettromagnetiche si propagano attraverso l'atmosfera terrestre

I radioastronomi esplorano l’universo in un modo affascinante e invisibile agli occhi: attraverso le onde radio. Per farlo, si avvalgono di strumenti straordinari chiamati radiotelescopi — gigantesche antenne paraboliche capaci di captare e analizzare segnali radio estremamente deboli provenienti dallo spazio profondo.

Questi segnali non sono altro che una forma di radiazione elettromagnetica, proprio come la luce visibile che vediamo ogni giorno, ma si distinguono per avere lunghezze d’onda molto più lunghe. Ed è proprio questa caratteristica a renderli così preziosi per lo studio dell’universo: le onde radio riescono a penetrare nubi di gas e polveri che bloccano la luce visibile, rivelando fenomeni celesti nascosti e remoti.

Imparare a conoscere le diverse tipologie di onde radio e a classificarle è fondamentale per comprendere meglio l’universo che ci circonda. In questa sezione ti guideremo alla scoperta di questo affascinante spettro invisibile, svelando come i radioastronomi riescano a leggere il cosmo attraverso suoni che non possiamo udire… ma che raccontano storie meravigliose.


Classificazione delle onde radio

La ionosfera è la parte ionizzata dalla radiazione solare dell'atmosfera superiore della Terra, da circa 48 km (30 mi) a 965 km (600 mi) sopra il livello del mare. Essa svolge un ruolo importante nell'elettricità atmosferica e forma il bordo interno della magnetosfera. Ha un'importanza pratica perché, tra le altre funzioni, influenza la propagazione radio verso luoghi distanti sulla Terra. Il viaggio attraverso questo strato ha un impatto anche sui segnali GPS, con conseguenti effetti come la deviazione nel loro percorso e il ritardo nell'arrivo del segnale.

Conosciamo meglio la ionosfera


Entriamo ora nel vivo: come funziona un ricevitore radioastronomico, come quello presente sulla collina di Luserna San Giovanni, presso l'Osservatorio Urania ?

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Ma come viene emessa la radiazione elettromagnetica dai corpi celesti ? Essenzialmente mediante un meccanismo termico (emissione da corpo nero di Planck) o non-termico (transizioni energetiche in atomi eccitati , ioni o molecole, oppure interazioni tra flussi di particelle cariche e campi magnetici (luce di sincrotrone).

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Iniziamo a puntare l'antenna parabolica verso il cielo, azimut, elevazione ci devono servire. Per ora tuttavia il segnale radio non viene analizzato in frequenza, ma solo raccolto e valutato in intensità totale. Total Power, come si dice in gergo.

Total Power, approfondiamo


Una marea di dati ci arriva dal sistema di ricezione, impariamo ad elaborarli ed a controllare l'antenna.

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Ora analizziamo non solo la potenza totale, ma scansioniamo anche la frequenza. Cosa significa e quali dati si ottengono ?

Spettrometria in continuo


La frequenza su cui ora il radiotelescopio è sintonizzato è 1420 MHz, ma potrebbe anche variare in futuro.

Perchè 1420 ? Scopri di più


Vediamo ora quali oggetti celesti originano questa frequenza così importante.

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Ecco le prime emozionanti prove di ricezione, per ora Total Power ....

Esamina con cura, un giorno potresti aggiungerne di tue


Gli astrofisici classificano gli emettitori radio con la Temperatura di Brillanza

Che cosa sarà mai ?


L'effetto Doppler ci aiuta a capire la struttura della nostra Galassia, la Via Lattea

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Il mezzo interstellare noto con l'acronimo inglese ISM, è il vero responsabile delle emissioni a 21 cm.

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Velocità radiali delle masse di idrogeno atomico nell'ISM

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Deconvoluzione ed analisi spettrale, tutto quello che volevamo sapere svelato

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Confronto con i dati di Radiotelescopi professionali di riferimento (es.Effelsberg, Bonn)

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La trasformazione di Fourier, mezzo matematico necessario per trasformare il segnale radio e renderlo decifrabile

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Viene infine qui presentata una analisi sistematica con spettri di frequenza dell'orizzonte galattico, in via di completamento. Oltre ai grafici sono disponibili i dati di misura in formato .csv, quindi un formato testo per successive eleborazioni

Raccollta dati radioastronomici


Attività di radioastronomia amatoriale

La radioastronomia amatoriale offre diverse opportunità per gli appassionati di scienza e tecnologia. Pur non potendo competere con i grandi osservatori, gli amatori possono ottenere risultati interessanti con strumenti relativamente semplici e a costi contenuti. 


2. Monitoraggio del Sole e dei pianeti

  • Il Sole è una potente sorgente di onde radio e può essere osservato anche con strumenti relativamente piccoli. È possibile studiare fenomeni come i brillamenti solari. Alcuni pianeti, come Giove, emettono onde radio che possono essere rilevate dagli amatori.

2. Rilevamento di meteore (meteor-scatter) (a cura dell' Ing. Maurizio Bordiglia)

Introduzione

Si stima che ogni giorno la terra sia investita da oltre 100 milioni di meteoroidi, con masse in grammi variabili da 10exp-10 a 10exp+3, che provocano l’arrivo di circa 6.000 tonnellate di polveri spaziali sul nostro pianeta. I meteoroidi derivano per buona parte dalla dissoluzione dei nuclei delle comete, dalle collisioni che avvengono nella fascia degli asteroidi, e in piccola parte provengono dallo spazio esterno al sistema solare. 

Quando raggiungono l’atmosfera terrestre, le velocità eliocentriche possono raggiungere i 42 Km/s, che è il limite di velocità parabolica ad 1 UA dal sole, o anche superiore per meteoroidi provenienti dallo spazio esterno. La velocità geocentrica che osserviamo è la somma vettoriale della velocità eliocentrica con la velocità della terra sulla sua orbita (30 Km/s). Perciò al mattino, quando l’osservatore è rivolto verso l’apice del moto della terra, la velocità osservata può arrivare a 72 Km/s e alla sera scendere fino a 12 Km/s. Le particelle che derivano dalla dissoluzione dei nuclei cometari si disperdono lungo l’orbita originaria per l’azione gravitazionale dei pianeti maggiori, e per l’effetto della pressione della radiazione solare che ne riduce il momento angolare, facendole avvicinare progressivamente al sole (effetto Poynting-Robertson). 

Per questo motivo, i meteoroidi sono per la maggior parte raggruppati in centinaia di “sciami” diversi, che percorrono le orbite delle comete originarie. Quando la terra nel suo moto orbitale interseca questi flussi di particelle, si manifestano le cosiddette “piogge di meteore”, in cui tutte le particelle seguono la medesima direzione, e per un effetto prospettico all’osservatore sembrano provenire da un unico punto della volta celeste, detto “radiante”.

I meteoroidi che non sono associati alle comete generano le meteore sporadiche, che hanno un andamento giornaliero, massimo all’alba e minimo al tramonto, e variazioni stagionali agli equinozi. Le tracce meteoriche, o più comunemente meteore, si formano nell’alta atmosfera tra 150 e 50 Km di altezza, e in particolare nello strato E della ionosfera. All’ingresso nell’ atmosfera le particelle vaporizzano con un processo di ablazione, e trasformano l’energia cinetica in radiazione luminosa e in calore, generando nei gas atmosferici una scia di plasma (ioni ed elettroni liberi), ovvero la traccia luminosa che osserviamo. Le tracce meteoriche hanno la proprietà, per noi di grande interesse, di riflettere le onde radio che incidono su di esse, in particolare nella parte inferiore della banda VHF (30 – 150 Mhz). Le tracce si formano in modo diverso, a seconda della massa del meteoroide, dell’ altezza e della velocità di ingresso.

A seconda della tipologia si classificano come ipodense se la densità lineare di elettroni è minore di 2,4x10exp14 elettroni/metro, come iperdense se è maggiore. Le tracce ipodense sono costituite da elettroni liberi che risuonano alla stessa frequenza dell’onda incidente e provocano una riflessione parzialmente diffusa, quelle iperdense si comportano in modo simile a un conduttore metallico e provocano una riflessione più nettamente speculare.


Metodi radio per lo studio delle meteore

Lo studio delle meteore con sistemi radar ebbe inizio alla fine degli anni ’40. Il principo è abbastanza semplice: il radar in trasmisssione “illumina” con il suo fascio il campo osservato e riceve gli echi riflessi dalle tracce meteoriche, secondo una semplce geometria a simmetria sferica che permette di rilevare la posizione spaziale del punto di riflessione della traccia. Se si combinano più radar a formare un interferometro, sincronizzati tra loro in trasmissione e in ricezione, si ottiene anche la velocità nelle sue componenti, e si può risalire ai parametri orbitali del meteoroide. Questo metodo, che viene utilizzato soltanto in ambito professionale per il costo molto elevato degli impianti, si definisce “back scatter”, cioè diffusione del segnale all’ indietro.

Esiste però un altro metodo di indagine, chiamato “forward scatter”, cioè diffusione del segnale in avanti. In questo caso l’apparato trasmittente, che opera nella banda VHF, e quello ricevente sono diversi ed indipendenti, e posti ad una distanza superiore a quella che renderebbe possibile la ricezione diretta, a causa della curvatura terrestre oppure della presenza di ostacoli orografici importanti. 

Ogni traccia meteorica nello spazio sovrastante determina la formazione di un riflettore momentaneo che permette la ricezione del segnale, ma soltanto in una configurazione geometrica trasmettitore – punto di riflessione - ricevitore ben definita. Secondo la teoria, la riflessione è speculare, cioè gli angoli che l’onda incidente e l’onda riflessa formano con la traccia sono eguali. Ne consegue che la ricezione può teoricamente avvenire soltanto quando la traccia meteorica è tangente a un ellissoide nei cui fuochi si trovano rispettivamente il trasmettitore e il ricevitore. Il punto di tangenza è il punto in cui avviene la riflessione del segnale che viene ricevuto. 

Tutti i punti di riflessione possibili per una data meteora si trovano nella regione di spazio attraversata dall’ellissoide e compresa tra le quote massima e minima in cui è possibile la formazione della traccia. Per ogni posizione del radiante, e date le posizioni del trasmettitore e del ricevitore, si può determinare la zona di cielo in cui è possibile la riflessione che permette la ricezione dell’eco, chiamata “superficie  di osservabilità”. Senza entrare in ulteriori dettagli, appare chiaro che la geometria che governa il forward scatter è ben più complessa di quella a simmetria sferica del back scatter. La realtà fisica complica ulteriormente le cose: la maggior parte delle tracce si trova in una situazione variabile tra il modello ipodenso e quello iperdenso, e variabile è il meccanismo di riflessione; la riflessione non è perfettamente speculare e non avviene in un singolo punto ma in un tratto più o meno breve della traccia; i venti atmoferici la deformano immediatamente alterando il segnale riflesso, ecc. Ma, a differenza del back scatter, per questo metodo è richiesto soltanto un buon apparato ricevente collocato in un ambiente con un basso rumore radio di fondo. Apro una breve parentesi storica.

L’ inizio delle osservazioni amatoriali con il forward scatter risale ai primi anni ’80, ad opera di alcuni astrofili della British Meteor Society in una postazione ricevente vicino a Dover, che utilizzavano un ricevitore per le VHF sintonizzato su una stazione televisiva di Danzica che trasmetteva sui 50 Mhz. Lo stesso facevo con un amico astrofilo dalla collina di Torino, con un ricevitore a valvole Collins ex militare e una grande antenna Yagi autocostruita, sintonizzati su una analoga stazione televisiva della Croazia. Le aspettative erano grandi, ma, oltre al conteggio degli echi per ricavare le frequenze orarie durante gli sciami più importanti, e a qualche profilo di potenza degli echi più lunghi osservato sullo schermo di un oscilloscopio, la tecnologia di quei tempi non permetteva altro. 

Oggi è possibile andare oltre a quei semplici esperimenti. Purtroppo le vecchie e potenti stazioni televisive che trasmettevano nella banda 1 VHF non esistono più, e in compenso il rumore radio è aumentato ovunque a dismisura. Nell’ Europa meridionale l’unica sorgente di segnale radio oggi utilizzabile è il radar militare francese Graves, situato vicino a Digione, che trasmette h24 sui 143.050 MHz tramite quattro antenne, che nell’insieme coprono un campo di 180° (Est-Sud-Ovest). Purtroppo ciascuna antenna scansiona ciclicamente il proprio settore di 45° in sei passi successivi e con cambiamenti di fase nel segnale trasmesso. Non è l’onda continua che servirebbe per il meteor scatter, e neppure la frequenza è quella più adatta, troppo alta rispetto ai 50 – 60 MHz ottimali, e situata in una parte dello spettro radio particolarmente affollata. Oggi è possibile costruire con relativa facilità e una spesa moderata un ricevitore amatoriale costituito da: 

1) Un’antenna direttiva tipo Yagi per i 144 Mhz orientata verso Graves; 

2) Un filtro di ingresso preamplificato a banda stretta, centrato sui 144 Mhz; 

3) Un ricevitore SDR; 

4) Un Pc, su cui vengono installati un primo software per il funzionamento dell’SDR e un secondo software che è sostanzialmente un analizzatore di spettro arricchito da altre funzioni specifiche per la raccolta dei dati. Non approfondisco questo argomento, che richiede una  trattazione specifica e non breve.


Che cosa si può fare con il forward scatter

Con l’apparato sopra descritto si possono ottenere alcuni risultati interessanti. Faccio qui riferimento al software Echoes, scritto ed aggiornato periodicamente da un astrofilo italiano, Massimo Bertani. Molto sinteticamente, Echoes produce in modo automatico: 

1) Il conteggio degli echi ricevuti, in forma numerica e grafica. Se il ricevitore viene mantenuto sempre in funzione, il software provvede a trasmettere quotidianamente questi dati ad un centro di raccolta, RMOB; 

2) La rappresentazione grafica in tempo reale sullo schermo degli echi ricevuti, dei livelli di potenza e degli spettri; 

3) Gli screenshots delle schermate contenenti echi, e la rappresentazione dei profili di potenza e di frequenza dei singoli echi; 

4) Un archivio dei dati ricevuti. 

Si tratta di dati interessanti, che però sotto il profilo scientifico rimangono un po’ fini a se stessi. I conteggi degli echi ricevuti rappresentano le variazioni della frequenza oraria durante la giornata e in occasione di sciami meteorici, ma senza ovviamente poter distinguere i diversi contributi. Le rappresentazioni dei profili di potenza nei casi migliori mettono in evidenza la natura ipodensa o iperdensa delle tracce, e talvolta le oscillazioni di Fresnel nell’ampiezza, che sono indicative della componente tangenziale della velocità. Sono dovute all’interferenza costruttiva e distruttiva causata dalla differenza di fase tra le onde riflesse da segmenti successivi della traccia. 

Le rappresentazioni degli spettri mostrano gli spostamenti Doppler dovuti alla componente radiale della velocita. L’analisi dei livelli di potenza e degli spettri richiede echi di una certa durata e un campionamento del segnale da parte dell’ SDR con un bitrate elevato, e un Pc sufficientemente veloce. Negli anni ’80 si credeva che l’affinamento della tecnologia avrebbe permesso, con questi soli dati, di determinare velocità e direzioni delle tracce e di risalire ai rispettivi radianti, procedimento che invece è impossibile.


Che cosa si potrebbe fare con il forward scatter

Mi limito ad esporre soltanto dal punto di vista concettuale le altre possibilità di utilizzo del forward scatter, senza entrare in questioni tecniche e soprattutto matematiche molto complesse. Come ho detto in precedenza, il forward scatter è penalizzato dalla geometria complessa del sistema di ricezione, e i soli dati ricavabili dai profili di potenza e dagli spettri conducono a risultati parziali. I dati necessari per determinare la provenienza dei meteoroidi di cui si osservano le tracce (sporadici, appartenenti a uno sciame, esterni al sistema solare) sono la posizione spaziale del punto di riflessione del segnale radio e la velocità nelle sue componenti.

Con una singola stazione ricevente si possono determinare soltanto due parametri fondamentali: la densità di flusso Q(m0), definita come numero di meteoroidi con massa maggiore di m0 che attraversa nell’unità di tempo una superficie unitaria perpendicolare al flusso, e l’indice di massa S, che descrive la distribuzione in massa delle particelle di uno sciame. Si tratta di parametri utili per lo studio degli sciami meteorici e della loro evoluzione. Il calcolo della densità di flusso richiede la suddivisione delle tracce rilevate in ipodense ed iperdense attraverso i profili di potenza degli echi, e la determinazione della “funzione di osservabilità”, che è una grandezza tipica del ricevitore e ne definisce la sensibilità in funzione della direzione del radiante. La distribuzione di massa dello sciame è correlata alla durata, al tempo di decadimento e alla potenza dei segnali ricevuti, ricavabili nuovamente dai profili di potenza degli echi. Non è invece possibile determinare la posizione del punto di riflessione e la velocità.

Se invece si realizza un sistema di ricevitori esattamente sincronizzati tra loro e funzionanti come un interferometro, è possibile, attraverso le differenze di fase del medesimo eco nei diversi ricevitori, determinare la direzione del punto di riflessione, ma non la sua posizione e la velocità. Nel solo caso in cui è noto il radiante attivo, è nota anche la direzione nello spazio della traccia, e si può determinare anche la velocità.

E’ anche possibile realizzare una rete senza interferometro, formata da almeno sei stazioni riceventi singole esattamente sincronizzate tra loro, ciascuna delle quali, a causa delle differenti geometrie della ricezione, rileva il medesimo eco con tempi e profili del segnale diversi. Occorrono sei stazioni perchè sono sei le incognite, cioè le componenti del vettore posizione del punto di riflessione e del vettore velocità. Combinando i dati delle sei stazioni si arriva a scrivere un sistema di sei equazioni differenziali in sei incognite, le cui soluzioni forniscono la posizione del punto di riflessione, la direzione della traccia e la velocità della meteora. Sorgono però grosse difficoltà di calcolo, perché il sistema di equazioni è assai complesso, non è lineare e non è risolvibile per via analitica.

Questo metodo ha finora fornito risultati numerici di scarsa precisione. Aumentando il numero delle stazioni riceventi la precisione teoricamente migliora, ma aumentano ancora le difficoltà di tipo matematico. Inoltre, la precisione dei risultati risente molto di errori anche minimi nella sincronizzazione temporale delle stazioni riceventi.

Infine, se si realizza una  stazione ricevente principale costituita come interferometro, e si aggiungono altre stazioni secondarie singole, tutte esattamente sincronizzate, ognuna di queste riceve gli echi da punti diversi della traccia e in tempi diversi, essendo per ognuna differente la geometria della ricezione. In questo modo sono sufficenti tre stazioni secondarie, perché l’interferometro fornisce direttamente la direzione del punto di riflessione, e combinando i dati delle altre stazioni possono essere calcolate la sua distanza, la direzione della traccia e la velocità, cioè tutto. La trattazione matematica risulta in questo caso relativamente più semplice e la precisione dei risultati è nettamente migliore.


Conclusioni

Il gruppo belga BRAMS, che non utilizza Graves ma un proprio radiofaro che trasmette a 49.97 MHz con soli 150 W, ha sviluppato questo ultimo metodo descritto dopo molti anni di sperimentazione. Nel 2023 ha pubblicato i risultati ottenuti con la propria rete interferometrica, confrontandoli con i risultati ottenuti sulle medesime meteore dalla rete belga di camere ottiche all-sky. Le differenze sono state di alcuni punti percentuali, a dimostrazione del fatto che il metodo radio interferometrico di forward scatter può produrre risultati di pari livello rispetto ai metodi ottici tradizionali.

Con il grande vantaggio di rilevare anche meteore più deboli, di giorno e di notte, indipendentemente dalla presenza o meno della luna e dalla copertura del cielo. L’utilizzo affiancato con le camere all sky permette anche la verifica della precisione dei risultati.



4. Ascolto di pulsar

  • Alcune pulsar, stelle di neutroni altamente magnetizzate e in rapida rotazione, emettono segnali radio periodici che possono essere captati con strumenti amatoriali ben calibrati.

5. Partecipazione a progetti collaborativi

  • Gli amatori possono contribuire a progetti di scienza partecipativa, come il monitoraggio del cielo radio o la raccolta di dati che verranno analizzati da ricercatori professionisti. Alcuni programmi offrono accesso remoto a radiotelescopi più grandi.