Salone gremito la sera del 16 ottobre all’Osservatorio Valpellice di Luserna per ascoltare l’astronauta Paolo Nespoli. A Luserna per una visita di cortesia, Nespoli ha abilmente catturato l’attenzione dei presenti, dai bambini agli adulti, soci astrofili e appassionati amici dell’Osservatorio. Per tre ore il pubblico è stato attratto dalla sua verve con mimica teatrale, quasi recitasse la storia della sua vita di “allievo astronauta” fino alla prima missione nello spazio del 2007. Ha ripercorso le tappe della sua carriera da quando giovane irrequieto bambino sognava di diventare astronauta fino a quando, ormai ufficiale dell’Esercito, paracadutista incursore, in missione di pace in Libano, a 26 anni, abbandona tutto per inseguire il suo sogno. Si iscrive ad ingegneria aerospaziale a New York apprende con fatica l’inglese e le materie tecniche ma porta con successo a termine gli studi. Nel 1991 entra all’ESA e dopo una lunga trafila di selezioni ed allenamenti arriva finalmente alla NASA dove dopo altri mesi di AA Allievo Astronauta gli viene assegnata la prima missione spaziale. La squadra a cui appartiene avrà l’incarico di coprire la prima missione dello Shuttle per la costruzione della Stazione Spaziale. Nespoli commenta il momento del lancio dello Shuttle con l’enorme carica esplosiva che fa letteralmente saltare in aria la navicella ed in 8 minuti la porta fuori dell’orbita terrestre. Descrive, con numerose fotografie, la vita sulla Stazione in assenza di gravità con tutte le situazioni non simulabili a terra, dai liquidi che volano in aria, alla difficoltà di spostarsi e di fermarsi dove si vuole, al dormire appesi ad una parete con la testa che fluttua nell’aria. Tenta di trasmettere ai presenti la sensazione che provano i muscoli, il cervello, la retina che non riesce più a mettere a fuoco gli oggetti e i testi scritti. Il suo ruolo di specialista di missione, colui che guida gli esperimenti, lo costringe a seguire interminabili procedure, scandite e programmate fino al secondo dal comando della missione. Le ore di lavoro sono incredibilmente tante, guida le “passeggiate” fuori navicella per montare la struttura ed i pannelli della Stazione che durano anche 8 ore di fila. Nonostante tutte le prove a Terra e l’assistenza continua fornita da più di 400 persone dei centri di controllo, gli imprevisti sono all’ordine del giorno. La fatidica frase “Houston. We have a problem”, che nessun astronauta vorrebbe sentire, è sempre fonte di preoccupazione e di forte concitazione dell’equipaggio. Tutti devono dare il massimo di se stessi e giunti alla soluzione del problema l’ultima parola spetta al comandante e quando possibile dal Comando di missione a Terra. Uno dei problemi più gravi nella missione di Nespoli è stata la rottura del pannello solare che gli astronauti stavano srotolando. Per la riparazione si è dovuta escogitare una soluzione altamente artigianale cucendo con delle fettuccine i due enormi strappi. L’impresa più ardita è stata portare l’astronauta in posizione di lavoro sul pannello che, a causa della distanza dalla capsula centrale, è stato issato sulla punta del braccio meccanico e letteralmente imbullonato per i piedi. Ma per allenare l’equipaggio internazionale non poteva mancare un allenamento di squadra al limite della sopravvivenza in Alaska con un paio di kayak, un sacco a pelo e lasciati su una costa deserta da cui dovettero raggiungere la meta a 150 km di distanza in mezzo agli orsi polari. Dopo i 12 giorni della missione Shuttle, Nespoli ritorna nello spazio nel 2010, sempre sulla Stazione, per 6 mesi ma con la nuova emozione di essere lanciato nello spazio da una navicella russa dalla base di Bajkonur in Kazakistan. Per questa missione una nuova sfida, imparare il russo, fare squadra con un’americana Catherine ed un giovane comandante russo Dimitri. I cinque computer di bordo e l’alta tecnologia americana qui sono un lontano ricordo. Un esempio per tutti, l’orientamento dei pannelli solari viene fatto manualmente dal comandante. Lo spazio veramente angusto della capsula che porta gli astronauti in orbita fa dimenticare tutti i disagi dello Shuttle. Avendo un razzo vettore meno potente si raggiunge l’orbita con qualche g in più ma il tempo è paragonabile allo Shuttle. Nespoli racconta anche tutti i disagi che sopportano gli astronauti quando rientrano a terra, il riacquistare tutte le abilità motorie e di equilibrio comporta un esercizio di riabilitazione che dura almeno 21 giorni come un novello allievo terrestre. La serata termina con una carrellata di foto scattate da Paolo che riprendono i vari paesaggi terrestri, a 400km d’altezza, dai deserti ai Caraibi, alle piramidi d’Egitto che possono essere ripresi nell’ora e mezza che la Stazione impiega a fare il giro della Terra. Una serata irripetibile per tutti coloro che in valle hanno la passione di scrutare lo spazio infinito.

Articolo di Silvio Genero